Abbiamo affrontato anche questa volta un tema di grande attualità legato alle problematiche ambientali: quello della scelta sostenibile dei mezzi di trasporto. La nostra sensibilità nei confronti dell’ambiente arriva al punto da indurci ad evitare i viaggi brevi in aereo preferendo mezzi forse più lenti ma meno impattanti sul clima? Il tema, evidentemente, è piuttosto divisivo e i pareri sono contrastanti. I cittadini di OpinionCity, infatti, si sono espressi così: 

SI    52% 

NO 48% 

Benvenuti nell’era del flight shaming! 

Ricordate quando, un po’ di anni fa, il movimento animalista cominciò a battersi contro l’allevamento, la cattura e l’uccisione di animali da pelliccia? Ricordate che il movimento trovò testimonial di peso in personaggi del calibro di Brigitte Bardot e che in poco tempo le donne (e non solo loro) cominciarono a prendere coscienza che è assurdo uccidere per pura vanità delle creaturine indifese? Bene, oggi sta succedendo qualcosa di simile nei confronti dell’uso indiscriminato dell’aereo, anche per tratte brevi, facilmente sostituibili da viaggi con mezzi forse meno veloci ma più ecosostenibili. 

Il flight shaming, alla lettera “vergogna del volo” è un fenomeno in ascesa già da alcuni anni e che, come probabilmente ricorderete, ha trovato forte risonanza nel viaggio in barca a vela di Greta Thunberg da Stoccolma a New York. La giovane attivista, dopo aver girato in treno per tutta l’Europa, dovendosi recare negli Stati Uniti per parlare all’Assemblea delle Nazioni Unite, ha approfittato dell’occasione per evitare un facile e veloce volo intercontinentale, preferendo una lunga traversata oceanica (il viaggio è durato 14 giorni) in compagnia del giovane principe Pierre Casiraghi, uno dei principali sponsor dell’operazione. 

Il viaggio di Greta è stato un gesto eclatante per sensibilizzare l’opinione pubblica  sul notevole impatto ambientale dei viaggi aerei, soprattutto nelle tratte più lunghe. Secondo un’analisi del Guardian, infatti, “un lungo volo è in grado di generare più emissioni di quelle prodotte da una persona media di molti paesi del mondo nell’arco di un anno intero”. 

Il movimento, nato già dal 2017 negli Stati Uniti in ambiente accademico, ha trovato ora in Svezia il suo epicentro perfetto, al punto che è nato un gruppo Facebook che si chiama “io non volo per amore del clima”, che sta raccogliendo sempre più adesioni e che sta cominciando a incidere in modo significativo sui profitti delle compagnie che gestiscono gli aeroporti svedesi. 

Chi aderisce a questo movimento non lo vive come una rinuncia, anzi considera quasi una liberazione questo cambiamento dello stile di vita verso qualcosa di più lento e meno stressante.  

Le emissioni nel settore dell’aviazione 

Inutile dire che il fenomeno del flight shaming ha aperto la discussione sul contributo del settore dell’aviazione alle emissioni di CO2, e di conseguenza all’impatto sul cambiamento climatico, con chi sostiene a spada tratta la necessità di ridimensionare drasticamente i viaggi in aereo e chi tende a minimizzare il loro reale impatto sul cambiamento climatico. 

Importanti studi sono stati effettuati per individuare quali Paesi, quali velivoli e quali tipi di voli contribuiscano maggiormente alle emissioni nocive. Risulta che i Paesi più inquinanti sono USA (24%), Cina (13%) e Regno Unito (4%), e che i voli nazionali contribuiscono alle emissioni di CO2 per il 40%

Le principali compagnie quindi si sono poste l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei carburanti e di arrivare a dimezzare le emissioni entro il 2050. Ancora troppo poco? 

E il resto d’Europa? 

Il flight shaming non è rimasto certo confinato nei Paesi Scandinavi, anzi si sta diffondendo a macchia d’olio in Europa dove, già prima della pandemia, la crescita del settore aereo è stata inferiore al previsto.  

Mentre i trasporti alternativi, su rotaia o su gomma, vivono il loro momento di gloria, mentre molte compagnie aeree sono state spinte proprio da questo movimento no-flyers a rinnovare i propri mezzi con velivoli più efficienti e meno impattanti, la Francia sta approvando una legge di iniziativa popolare che abolisce i viaggi in aereo per tratte che possono essere coperte da tragitti in treno di durata  inferiore alle  due ore, a dimostrazione di quanto un movimento d’opinione possa avere ricadute sulle scelte economiche.   

Niente più voli, quindi, da Parigi a Bordeaux, Lione, Nantes, Rennes e da Lione a Marsiglia, tratte che in treno richiedono due ore o poco più. E si tratta di un accordo al ribasso rispetto alla richiesta degli ambientalisti che avrebbero voluto vedere aboliti i voli su tratte sostituibili da percorsi in treno di quattro ore, ritenendo la misura in via di approvazione troppo timida e a conti fatti, quasi inutile. 

E da noi? Al momento non c’è nessuna proposta di legge in merito. E’ chiaro che per tratte brevi, come un Roma-Napoli o anche un Roma-Milano, non ha proprio senso prendere un volo, tenendo conto che gli aeroporti sono lontani dai centri cittadini e che i tempi tecnici di attesa per il volo sono notevolmente lunghi. E’ troppo facile, anzi è scontato, chiedere di rinunciare a questi voli. Ma già se pensiamo ad un Venezia-Palermo le cose cominciano a cambiare aspetto: chi è disposto a fare scelte alternative? 

E tu cosa ne pensi? 

  • Saresti disposto a rinunciare ad un viaggio in aereo su tratte brevi, sostituibili con due-tre ore di treno, allo scopo di contribuire alla difesa del clima? 
  • Pensi che il flight shaming comincerà a breve a trovare seguaci anche in Italia? 
  • Pensi che sia utile/necessario sensibilizzare i cittadini verso una scelta più consapevole dei mezzi di trasporto? 
  • Quali suggerimenti ti sentiresti di dare per ridurre l’impatto ambientale dovuto al continuo spostarsi delle persone e delle merci su e giù per la penisola? 

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