Abbiamo voluto interrogare i nostri cittadini di OpinionCity su quella che possiamo certamente considerare la tradizione gastronomica più discussa della nostra cucina: il consumo di agnelli a Pasqua. Agnello sì o agnello no? E’ davvero una crudeltà stupida e inutile mangiare agnello a Pasqua? I cittadini di OpinionCity, con oltre 2700 voti, si sono espressi così: 

SI    30% 

NO 70% 

Perché a Pasqua si mangia l’agnello? 

Cominciamo esaminando le origini di questa tradizione gastronomica che è tipica di tutta l’area mediterranea, dove l’agnello è simbolo di sacrificio, di purificazione ma anche di innocenza, di candore e di rinascita. 

Nella tradizione ebraica, l’offerta a Dio di un agnello rappresentava il dono di quanto di più bello e prezioso si potesse offrire. Nel Nuovo Testamento, Giovanni Battista accoglie Gesù indicandolo come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, prefigurandone il ruolo sacrificale. 

Per i cristiani, scomparso il rito sacrificale, si è mantenuto il significato simbolico e allegorico dell’agnello e quindi la tradizione di mangiare la carne di questo animale è passata anche nella Pasqua cristiana. 

In Italia, il consumo di agnello, inizialmente più elevato nelle regioni del Centro Sud dove è più sviluppata la pastorizia, si è gradualmente allargato anche alle regioni del Nord. 

Le campagne degli animalisti 

Ma negli ultimi anni, il tenero agnellino è diventato simbolo delle campagne di animalisti e vegani e delle loro lotte per la riduzione del consumo di carni. 

Certamente, l’aspetto dell’animale ben si presta a veicolare questo tipo di messaggio: un musetto tenero e due occhioni grandi, il vello bianco candido sembrano fatti apposta per suscitare tenerezza e sdegno nei confronti di chi si appresta a consumarne le carni. 

E in occasione della Pasqua, si torna a parlare di “mattanza degli agnelli” e del loro terribile viaggio verso il macello. 

Proviamo a riassumere le ragioni di chi si oppone al loro consumo, ma anche le ragioni di chi sostiene che, in fondo, si tratta di un falso problema. 

I pro e i contro 

“E’ un cucciolo, non lo mangiate!” Questa è l’affermazione che più frequentemente ci arriva da parte di associazioni animaliste e non solo. Ma è proprio così? 

Gli agnelli allevati in Italia hanno accesso al pascolo e non provengono da allevamenti intensivi: nella loro vita (3 o 4 mesi) vivono quindi in allevamenti all’aperto, non intensivi, come avviene invece quasi sempre per polli, conigli e maiali che spesso non vedono mai la luce del sole. 

Per quanto riguarda l’età di macellazione, anche gli altri animali vengono abbattuti in età molto precoce: i polli, per esempio, intorno ai 50 giorni di età, i conigli intorno ai 3 mesi e i suini intorno ai 9 mesi, tutti dopo aver trascorso la loro breve vita in batteria. In questo senso, gli agnelli hanno una vita breve ma migliore rispetto a quella di altri animali da allevamento. 

Il vero problema, per gli agnelli, è che moltissimi vengono importati vivi da paesi come Romania, Ungheria, Spagna, Grecia e Slovacchia dopo lunghi viaggi, spesso ammassati senza acqua e senza il minimo rispetto del benessere animale. Quello che è veramente terribile è proprio questo lungo viaggio verso il macello in condizioni che causano gravi sofferenze agli animali. 

Bisognerebbe allora stare attenti e acquistare solo carne di agnello abbattuto e macellato in Italia, perché le leggi internazionali vietano la macellazione in luoghi lontani dal luogo di allevamento. 

Non trascuriamo di tenere in considerazione il punto di vista di allevatori e pastori: tutto il settore della pastorizia è in crisi e rischia di scomparire con l’abbandono di migliaia di famiglie che hanno fatto dell’allevamento il centro della loro vita. La pastorizia è un mestiere antico, duro e ricco di tradizione, che in Italia garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità, e di tradizioni millenarie come la transumanza proclamata nel 2019 patrimonio culturale immateriale dell’umanità. 

Indiscutibile testimonianza dell’importanza dell’allevamento ovino in Italia sono le innumerevoli ricette a base di carne di agnello diffuse dal Trentino alla Sardegna, disponibili in qualsiasi periodo dell’anno e non solo a Pasqua. 

Allora, ben venga una generale riduzione del consumo di carni, spingiamo tutti per una maggiore consapevolezza dei consumatori e una maggiore attenzione alla filiera della carne dalla nascita dell’animale, alle modalità di allevamento e di abbattimento, ma non demonizziamo il consumo di agnello per ragioni, diremmo, emotive e, soprattutto, non ricordiamocene solo a Pasqua! 

E tu cosa ne pensi? 

  • Sei favorevole al rispetto delle tradizioni gastronomiche delle festività? 
  • Pensi che il consumo di carni di agnello debba essere bandito o ritieni più importante prestare maggiore attenzione ai metodi di allevamento e di macellazione, per gli agnelli come per gli altri animali? 
  • Pensi che sia utile/necessario sensibilizzare i cittadini verso un consumo più attento e responsabile della carne? 
  • Quali suggerimenti ti sentiresti di dare per ridurre l’impatto ambientale dovuto agli allevamenti intensivi? 

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