Vi abbiamo già parlato in passato di esperti assaggiatori, persone dai sensi particolarmente sensibili e “allenati” che riescono a dare una precisa valutazione numerica delle caratteristiche di un prodotto. Oggi vogliamo raccontarvi l’esperienza di alcuni di questi esperti chiamati a valutare per una nota azienda produttrice di caffè alcune nuove miscele:queste persone non sono chiamate a dare valutazioni di gradimento ma a misurare alcune caratteristiche organolettiche.

Si fa presto a dire… caffè!

Tutti crediamo di saper giudicare un buon caffè ma non è affatto così: il caffè è un mondo, un microcosmo, un caleidoscopio di sapori raccolti in una tazzina di 25 ml, che un buon esperto assaggiatore sa distinguere e “misurare”.

 

Molti di voi forse sanno che sono due le principali specie di caffè conosciute al mondo, l’Arabica e la Robusta e che le aziende di torrefazioni producono miscele di caffè che sono quasi sempre il risultato di selezioni segrete di caffè di diverse tipologie, spesso Arabiche e Robuste diverse insieme oppure solo Arabica o solo Robusta. Le miscele sono sempre segrete perché, pur essendo indicate in confezione le percentuali di Arabica o di Robusta, non se ne indicano quasi mai le varietà.

 

I chicchi delle due specie sono diversi, più ovali e allungati per l’Arabica (originaria degli altipiani etiopi), più arrotondati per la Robusta (originaria dell’America centro-meridionale).

 

La Robusta ha un gusto più deciso e ricco e un maggior contenuto in caffeina, mentre l’Arabica è più aromatica e ha un minor contenuto in caffeina.

 

Ma questo è solo l’inizio! Sono numerose le caratteristiche organolettiche del caffè che gli esperti assaggiatori sono chiamati a valutare: l’acidità, l’amaro, il dolce, il corpo, l’intensità aromatica… a cui si possono aggiungere una miriade di sfaccettature come per esempio l’aroma di liquirizia, di cacao, di tabacco, di mandorla tostata, di nocciola, di cartone bagnato. E tutti questi parametri variano non soltanto in relazione all’origine del caffè e alla composizione della miscela, ma subiscono variazioni anche nel tempo: è la cosiddetta shelf-life (vita di scaffale) che è estremamente importante per un produttore conoscere con precisione.

 

Siete affascinati da questo mondo sconosciuto, vero? Allora, facciamoci raccontare da uno dei nostri esperti la sua esperienza!

Un test sensoriale per una miscela di caffè

Chiediamo proprio ad un assaggiatore di raccontarci la sua esperienza. Si tratta di Giovanni, 25 anni, di Milano, studente:

“Sono un amante della buona cucina, e ho deciso di trasformare la mia passione in un lavoro. Per questo, studio Scienze Gastronomiche. Ho sentito parlare dell’attività di assaggiatore e per puro caso ho saputo che era in corso una selezione per individuare persone con le caratteristiche necessarie. Ho deciso di presentarmi, ero certo di riuscire facilmente a superare la selezione. Si cercavano non fumatori, che non soffrissero di allergie o di riniti, che non fossero daltonici, che non avessero intolleranze o preclusioni nei confronti di particolari cibi; naturalmente era richiesta una buona sensibilità del palato. Si richiedeva inoltre ai candidati una buona disponibilità di tempo perché si può essere chiamati in qualsiasi momento e bisogna assicurare la presenza.

 

C’è stata una selezione iniziale e devo dire che è stata molto più complessa e rigorosa di quanto mi aspettassi: bisognava superare dei test di soglia cioè riuscire a percepire alcuni sapori in soluzioni in cui il componente era in concentrazioni molto basse. Solo circa un terzo dei candidati ha superato questa prima fase.

 

Una volta superata la selezione, sono entrato a far parte di un gruppo (lo chiamano panel) di assaggiatori e sono stato convocato per la valutazione di una miscela di caffè per un’importante azienda.

 

C’è stata dapprima una formazione specifica sul caffè con un panel leader, cioè un esperto di analisi sensoriale, ed erano addirittura presenti esperti assaggiatori dell’azienda! Il nostro compito in questa fase era quello di compilare una scheda di valutazione del prodotto indicando i descrittori, cioè una serie di attributi, che poi saremmo andati a valutare numericamente durante gli assaggi in cabina.

 

E’ stata una fase di “allenamento” del palato: dovevamo riconoscere alcuni attributi del caffè, per così dire, classici confrontandoli con dei riferimenti: per esempio la caffeina per l’amaro, chicchi di caffè tostato per valutare la tostatura. Agli attributi classici, ne abbiamo aggiunti altri che abbiamo percepito durante la formazione. Non immaginavo proprio che il senso del gusto si potesse “allenare”!

 

Quando finalmente la scheda è stata approntata, siamo passati alla valutazione in cabina: si tratta di cabine tutte bianche attrezzate con lavandino e computer: attraverso uno sportellino ci veniva passato il campione da assaggiare, contraddistinto da una sigla e a quel punto dovevamo dare una valutazione numerica per ciascuno degli attributi che avevamo individuato.

 

Si tratta di un’esperienza impegnativa ma veramente molto interessante, soprattutto mi sono reso conto che il mio palato diventa più sensibile e la mia percezione dei sapori diventa sempre più raffinata.

 

Voglio precisare che quella di assaggiatore non è un’attività retribuita, non si può considerare un lavoro: ci viene riconosciuto solo un gettone di presenza per la nostra partecipazione”.

Partecipare ai test: un’esperienza interessante

Chi è stato reperito per i nostri test si augura di essere selezionato nuovamente perché trova l’esperienza simpatica e utile: i partecipanti trovano molto interessante poter dare la propria opinione in modo che le aziende realizzino i loro prodotti ascoltando il parere dei consumatori.

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