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Nel nostro gioco del “se fossi”, ci è piaciuta l’idea di coinvolgere i cittadini di OpinionCity in un match scherzoso tra due notissimi marchi leader mondiali nel panorama delle scarpe da running o da fitness, entrambi presenti con i loro prodotti nella vita di tanti consumatori. Stiamo parlando di Adidas e Nike. Ma con quale dei due brand i cittadini di OpinionCity si identificano maggiormente e perchè? Quali emozioni suscita l’una o l’altra marca?

 

Ecco i risultati del nostro sondaggio:

ADIDAS 48%

NIKE 52%

Adidas vs. Nike: il duello

Quasi 6.000 cittadini hanno voluto esprimersi, prendendo parte al nostro scherzoso duello e le risposte che ci sono arrivate indicano che la rivalità è forte e molto sentita e che Nike batte Adidas solo di misura.

 

Volete conoscere i retroscena che si celano dietro i due colossi del footwear?
Si tratta, per Adidas, di una vera saga familiare con tanto di gelosie, ripicche, rivalità che nemmeno la morte ha potuto cancellare; per Nike invece vogliamo raccontarvi la storia del nome (e della sua pronuncia) e del logo più famoso del mondo, disegnato per pochi spiccioli da una studentessa di grafica pubblicitaria.

Adidas e la gelosia tra due fratelli

La storia cominciò negli anni ‘20 del secolo scorso in una cittadina della Baviera dove due figli di un calzolaio, Adolf and Rudolf Dassler, cominciarono a produrre scarpette da calcio. La piccola azienda cominciò a prosperare tanto che i due fratelli furono incaricati di produrre le scarpette per gli atleti tedeschi che parteciparono alle Olimpiadi di Berlino del 1936.

 

Ma qui cominciano dissapori e rivalità tra i due fratelli che, dopo la seconda guerra mondiale, decidono di separarsi, fondando ciascuno una propria azienda, spartendosi anche i dipendenti.
L’azienda di Rudolf si chiamò inizialmente RuDa (dalle iniziali di RUdolf DAssler), nome che poi si trasformò in Puma, accompagnato nel logo dall’immagine del felino per suggerire l’idea di velocità ed eleganza.

 

Adolf, detto Adi, decise anche lui di dare alla sua nascente azienda un nome che richiamasse le sue iniziali e così scelse il nome Adidas, fondendo il suo nomignolo con le prime tre lettere del cognome.

 

Rivali in tutto, i due fratelli, anche nel nome delle loro aziende! Tra Puma e Adidas c’è stata un’aspra concorrenza dagli anni ‘60 in avanti, con ripicche e colpi bassi, e i due fratelli non si riconciliarono mai, tanto che, benché siano sepolti nello stesso cimitero, le loro tombe sono separate quanto più possibile.

 

The logo dell’azienda Adidas era inizialmente composto solo da tre strisce orizzontali ed era stato acquistato da un’azienda finlandese per una cifra modesta. In occasione delle Olimpiadi del 1972, fu modificato nel famoso logo con il trifoglio e le tre strisce, e soltanto nel 1997 si è trasformato nel logo che ora tutti conosciamo con le tre strisce disposte obliquamente in modo da richiamare alla mente una A.

Nike, Naik o … Pics?

La multinazionale statunitense, leader nel settore delle calzature, dell’abbigliamento e degli accessori sportivi, ha una storia molto più recente ma non meno interessante per quanto riguarda l’origine del nome e la sua pronuncia e la storia del logo che l’ha resa famosa.

 

L’azienda nasce nel 1964 con il nome di Blue Ribbon Sports per poter importare dal Giappone le scarpe sportive Tiger, diventate successivamente Asics.

 

Nel 1971, la nostra giovane azienda, rotti i rapporti con i giapponesi, decide di rendersi autonoma, creando il marchio Nike. Il nome si ispira alla dea greca della Vittoria, la Nike, divinità alata rappresentata in tante opere classiche tra cui la più famosa è la Nike di Samotracia conservata al Museo del Louvre. In greco, però, il nome si pronuncia esattamente come è scritto, cioè N-I-K-E: gli americani non hanno esitato a fare propria la pronuncia trasformandola in N-AI-K, /ˈnaɪk/, o a volte in N-AI-K-I, /ˈnaɪki:/, come ormai si pronuncia in tutto il mondo, facendo storcere il naso ai puristi.

 

E il logo? Quella specie di virgola capovolta, detta Swoosh? Lo Swoosh (in italiano, potremmo tradurlo con sbaffo) non è altro che una rappresentazione stilizzata dell’ala della dea. Fu disegnato da una studentessa di grafica pubblicitaria, tale Carolyn Davidson, che cedette la sua idea vincente per la ridicola somma di 35 dollari! Solo molti anni dopo, la ragazza fu ricompensata con bel po’ di azioni dell’azienda che aveva contribuito a far conoscere in tutto il mondo.

 

Pensate, il logo è talmente conosciuto e pubblicizzato che ha portato questo simbolo ad essere il più tatuato dagli statunitensi!

 

Dal 1988, il logo è accompagnato su molti articoli dallo slogan “Just do it”, un invito agli atleti a superare gli ostacoli, correndo sempre più veloci e saltando sempre più in alto.

 

Negli anni, la storia della Nike è stata costellata di successi, ma anche di controversie e critiche: l’azienda è stata nell’occhio del ciclone per aver sfruttato il lavoro di bambini nelle sue fabbriche d’oltremare, in particolare in Estremo Oriente. Bambini dai 5 anni in su lavoravano per 14-16 ore al giorno in condizioni igieniche precarie per poter produrre palloni, scarpette e magliette per il ricco mondo occidentale. Tutto questo sebbene nel 2002 la Nike avesse annunciato che i suoi stabilimenti sarebbero stati controllati dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro per impedire lo sfruttamento minorile.

 

La terribile condizione dei bambini operai è stata denunciata dal regista Michael Moore nel film The big one.

 

Ultimo, ma non ultimo, vogliamo raccontarvi la figuraccia colossale che la multinazionale ha collezionato volendo scrivere “in greco” il proprio nome su un nuovo modello di scarpe ispirato alla dea della Vittoria.

 

Gli sprovveduti (e presuntuosi) pubblicitari, invece di consultarsi con qualcuno che conoscesse il greco o anche semplicemente con qualche persona di origine greca, hanno pensato di “grecizzare”, per così dire, le lettere della parola NIKE trasformandola in qualcosa che avesse qualche richiamo al mondo classico (colonne? capitelli?). In questo modo, è venuta fuori la scritta Π Ι Κ Σ, che un greco leggerebbe PIKS!

 

Possibile che sia stato davvero un errore? O è stata una grande trovata pubblicitaria? Certo è che i modelli incriminati sono stati ritirati dal commercio ma, chi è riuscito ad accaparrarsi qualche esemplare, ora si trova tra le mani, anzi ai piedi, delle scarpette dal valore enorme!

E tu cosa ne pensi?

  • Con quali criteri scegli il tuo sport-wear? Ti interessa sapere come e dove sia stato prodotto e quali siano le condizioni di lavoro di chi realizza il tuo abbigliamento sportivo?
  • Quanto conta nel mondo dello sport essere alla moda e indossare abbigliamento e scarpette firmate?
  • Pensi che sia utile/necessario sensibilizzare i cittadini verso scelte responsabili anche quando acquistano abbigliamento o attrezzature sportive?

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