Abbiamo affrontato questa volta un tema di grande attualità: un argomento che coniuga il nostro interesse verso i temi dell’ecosostenibilità con la nostra attenzione verso il mondo animale. “Mangeresti una bistecca “coltivata” in laboratorio?

 

I cittadini di OpinionCity si sono espressi così:

 

SI 39%
NO 61%

Carne in provetta… può essere questo il nostro futuro?

Forse non ci crederete, ma il primo a fantasticare sulla possibilità di produrre in laboratorio hamburger e polpette fu nel 1931 Winston Churchill che giudicò assurdo il dover allevare un intero pollo per mangiarne solo coscia e petto, e invitava gli scienziati a trovare un modo per generare solo i pezzi interessanti.

 

In tutto il mondo il consumo di carne sta aumentando a dismisura dal momento che i popoli asiatici stanno modificando i loro stili di vita e stanno adeguando la loro alimentazione agli standard occidentali, anche se vegani e vegetariani portano avanti la loro battaglia contro il consumo di carni sia per motivazioni etiche sia perché è noto quanto gli allevamenti intensivi siano impattanti verso l’ambiente.

 

Forse tra pochi anni il problema potrebbe essere superato: benvenuti nel mondo della carne in provetta!

 

Carne “coltivata” (o sintetica o artificiale o lab-meat, chiamatela come più vi piace) viene realizzata già da alcuni anni in laboratori di diversi paesi del mondo, dagli Stati Uniti all’Olanda, con l’obiettivo di fornire un prodotto di carne animale che non è mai stato parte di un animale vivo. Il primo hamburger in vitro, creato da una squadra olandese, è stato mangiato, ed apprezzato, ad una dimostrazione per la stampa a Londra ad agosto 2013.

 

Gli investimenti privati nella carne prodotta in laboratorio sono in forte crescita, e le aziende inseguono la promessa di polpette, bistecche e hamburger coltivati in vitro invece che ottenuti da bestiame d’allevamento.
La produzione su larga scala si sta orientando sulla carne di manzo, di pollo e di maiale, dato che si tratta delle tipologie più consumate. L’obiettivo è che la carne prodotta in laboratorio arrivi nei ristoranti entro 3 anni e nei supermercati entro i prossimi 5 anni.

 

La produzione di carne in laboratorio risulterebbe più pulita, efficiente e igienica e risolverebbe tutti i problemi legati al trattamento degli animali.

Dal laboratorio al piatto

Ma come si può realizzare una bistecca in laboratorio? Bisogna prelevare cellule staminali del tessuto muscolare e nutrirle con proteine che ne aiutano la crescita. In questo modo, le cellule sono stimolate a riprodursi fino a comporre vere e proprie fibre muscolari.

 

Ma questo non è ancora sufficiente: per creare una buona bistecca bisogna infatti realizzare una adeguata “impalcatura” che consenta alle cellule di compattarsi tra loro, poi ci vogliono vasi sanguigni che pompino ossigeno e sostanze nutritive. Inoltre, per ricreare il sapore della carne bisognerebbe introdurre anche adipociti (le cellule del grasso).
Attualmente, la carne sintetica non è attraversata da sangue ed è priva di grassi. Questo, se da una parte la rende priva di colesterolo, dall’altra le conferisce un sapore abbastanza neutro.

Le prime degustazioni di “lab-meat”

Era il 2013 quando Mark Post, direttore del dipartimento di fisiologia dell’Università di Maastricht, ha presentato al mondo il primo hamburger artificiale, chiedendo ad uno chef stellato di cucinarlo e ad una giuria di cuochi di valutarne le caratteristiche organolettiche.

 

Fu un successo: il sapore della carne proveniente da coltura cellulare risultò gustoso anche se somigliante più ad una bistecca vegetale che alla carne di bovino che si è abituati a conoscere. Principale pecca, che però può essere anche un beneficio per la nostra salute, l’assoluta assenza di grasso, trattandosi solo di fibre muscolari senza cellule adipose.

 

Ma il limite più grande ad oggi rimane il costo elevato che potrà però essere abbattuto drasticamente dall’inizio della produzione su scala industriale, si pensa nell’arco dei prossimi cinque anni.

I pro e i contro

Alcuni vantaggi sembrano essere evidenti: la carne prodotta in laboratorio salva gli animali e rende inutili gli allevamenti intensivi, permette di risparmiare acqua e terreni da coltivare e di ridurre l’inquinamento, pur fornendo un alimento molto simile alla carne che conosciamo per chi non vuole smettere di mangiarla.

 

Si è stimato che, in condizioni ideali, due mesi di produzione di carne in vitro potrebbero generare 50.000 tonnellate di carne a partire da dieci cellule muscolari di maiale. Questo fa comprendere come la produzione su larga scala di lab-meat si tradurrebbe in maggior offerta di cibo ricco di proteine anche per fasce di popolazione povere o disagiate.

 

Altro aspetto da non sottovalutare è che la produzione di carne in laboratorio non richiede l’impiego di antibiotici o di ormoni, e riesce a fornire un prodotto con un livello bilanciato di acidi grassi essenziali (omega 3 e 6), vitamine (D e B12) e ferro, senza L-carnitina, una trimetilamina abbondante in carni rosse e che può favorire l’insorgenza di aterosclerosi, e senza il rischio di contaminazioni da parte di pericolosi batteri, come l’Escherichia Coli e la Salmonella.

 

Quindi, secondo molti, la carne artificiale è il cibo del futuro che salverà il pianeta.

 

Per contro, il gusto non è ancora ottimale anche perché le cellule coltivate in laboratorio, oltre a non avere grasso e non essere attraversate dal sangue, non svolgono la funzione normalmente svolta dalle cellule muscolari, quella di contrarsi, quindi in qualche modo non sono “allenate”: questo rende il prodotto eccessivamente “morbido”.

 

Poi i prezzi sono al momento improponibili: ad oggi, un panino con hamburger di similcarne costerebbe poco più di 15 dollari, ma è probabile che il prezzo scenda rapidamente, visto l’interesse dimostrato da facoltosi uomini d’affari come Bill Gates.
Peraltro, se l’ingegneria tissutale può allontanare lo spettro di alimenti contaminati da ormoni, antibiotici e pesticidi, tuttavia gli effetti nutrizionali sull’uomo di questa che promette di essere una vera rivoluzione alimentare non sono ancora noti.

E tu cosa ne pensi?

  • Saresti disposto a rinunciare ad una bistecca naturale in favore di una “bistecca coltivata” in laboratorio?
  • Pensi che l’utilizzo di lab-meat possa essere una soluzione per rispondere alla aumentata richiesta di carne, senza compromettere ulteriormente gli equilibri ecologici del nostro pianeta?
  • Pensi che sia utile/necessario sensibilizzare i cittadini verso un consumo più attento e responsabile della carne?
  • Quali suggerimenti ti sentiresti di dare per ridurre l’impatto ambientale dovuto agli allevamenti intensivi?

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